venerdì 24 settembre 2010

Dente - L'amore non è bello. Recensione


Uscito il giorno di S.Valentino. 14 febbraio 2009. Il nuovo album del cantautore romagnolo Dente, al secolo Giuseppe Peveri.
Esce come un monito, seguendo il precedente lavoro “Non c’è due senza te” e il giovane cantastorie sembra averci preso gusto con i proverbi da interpretare. Non vi sono tuttavia puntini di sospensione. Il nuovo album si intitola “L’amore non è bello”. Punto. Raccoglie al suo interno 13 tracce che rispetto al passato sono meglio arrangiate ed eseguite. Una produzione seria per un giovane molto promettente, finalmente.
Andiamo ad analizzarle singolarmente:

1) La presunta santità di Irene. Un minuto e trenta secondi di intro potrebbero sembrare troppi, ma l’ascolto è molto piacevole. Ricorda il Battisti degli ultimi tempi con un pizzico di freschezza in più. Il testo piuttosto breve risulta molto intenso e ispirato. Se questo è il principio….

2) Incubo. “Quest’anno le foglie cadono a primavera”. Questo è l’incipit della seconda traccia, a voler dimostrare che il titolo dell’album non è scelto a caso. Ritmo un po’ sudamericano ma senza esagerare, con una voce che si insinua fra le pieghe della musica senza dare fastidio.

3) A me piace lei. Qui i toni si fanno più allegri e sognanti. Una canzone d’amore vera e propria che, a dispetto del titolo e del primo ascolto, presenta un testo mai scontato. Particolarmente riuscito il passaggio “…se le piace camminare quando piove tanto, sarò l’ombrello…di qualcun altro…”.

4) Voce piccolina. Ci teniamo sulle atmosfere sognai della traccia precedente. Una chitarra che accompagna un bel ritmo e una che arpeggia. Cito “…sogna che sogno che sogni che sono vicino…” per sottolineare un testo come al solito fuori dagli schemi.

5) Buon appetito. Rientriamo nel tema principale dell’album. Qui l’amore viene trattato con cattiveria ed ironia. Una storia è finita e c’è rancore. Semplice e immediata grazie anche agli ultimi versi ripetuti ad libitum.

6) La più grande che ci sia. Forse però una nuova speranza per il sentimento c’è. La ritroviamo nel brano più breve dell’album. L’amore viene descritto come mettere la testa nella bocca del leone.

7) Sole. Ritorna la vena battistiana in questo pezzo carico di sentimento e belle immagini.

8) Parlando di lei a te. La canzone più intensa dell’album. Un testo che si ripete due volte ma con una differenza sostanziale: nella prima strofa lei c’è, nella seconda non c’è più. Ad accompagnare il tutto pochi accordi di piano molto semplici. Da ascoltare ad occhi chiusi e volume alto in cuffia.

9) Quel mazzolino. Ritmi più sostenuti per un brano divertente carico di belle idee e di ironia. L’amore al tempo dell’etilometro trova la sua strada nonostante tutto. “…non le sembra un controsenso scrivere un verbale? Questa non la capiranno mai…”

10) Sempre uguale a mai. Cancellare le parole che sono delle bugie, questo l’intento di Dente nella decima canzone dell’album. E arricchisce la narrazione di particolari spiegando il perché del suo essere contrariato.

11) Finalmente. Un metronomo scandisce il tempo e accompagna tutta la durata del pezzo. Il risultato è gradevole e anche il testo si adatta bene alla musica. Altro esempio di semplicità e arte.

12) Vieni a vivere. Una canzone vecchio stile, o quasi. Strofa, ritornello, strofa, ritornello, strofa, ritornello. Scelta come singolo dell’album non rispecchia del tutto il classico brano radiofonico. Fortunatamente, aggiungerei. Il testo è dolce ma non mieloso, la musica armoniosa ma non nauseante. Si potrebbe ascoltare innumerevoli volte senza fastidio alcuno. E questo si può dire di pochissimi singoli.

13) Solo andata. Qui ritorniamo sull’anticonformismo di Dente. Chitarra e voce non fanno rimpiangere altro. Il testo ha bisogno di parecchi ascolti prima di essere assimilato.

Nel complesso un lavoro magnifico, che si è meritato pienamente il premio di miglior album del panorama indie italiano del 2009. Il suo segreto sta nella semplicità degli arrangiamenti. Ad ascoltare certi pezzi sembra di poter dire “questo l’avrei potuto scrivere anche io, basta mettere due accordi in fila e suonarli con una pennata di chitarra!” ma proprio in questo sta il genio di Dente, saper portare alla luce l’ovvio che si nasconde agli occhi di chi è abituato a guardare troppo lontano. In più c’è quel pizzico di originalità che dona al tutto un sapore che si può gustare e gustare di continuo.

Consigliato a chi sa apprezzare la buona musica.

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